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venerdì 27 dicembre 2019

turismo esperienziale: analisi

Nella ricerca condotta da Skift e Peak sulla crescita del viaggio esperienziale, che potete trovare sul web (The Rise of Experiential Travel) potete notare come i consumatori hanno cambiato le loro abitudini:

  • Il 72% degli intervistati preferisce acquistare meno oggetti materiali e più esperienze

  • L’88% ha come primo sogno nel cassetto quello di viaggiare

  • Il 71% preferisce viaggiari con amici  e famiglia e prenotare localmente: la fascia d’età corrispondente è quella inclusa fra i 18 e i 34 anni, il che dovrebbe anche farci riflettere su qual è il canale migliore dove promuovere il proprio prodotto esperienziale attraverso azioni mirate di marketing, ossia dove quel pubblico è presente. Una ricerca a mio avviso eccellente, molto approfondita e articolata l’ha svolta il professor Luca Simone Rizzo, docente dell’Università di Padova (giusto per curiosità date un occhio cosa fa questo signore a questo link), che ho avuto la fortuna di avere come docente al Master Regionale “Progetto Storyliving” a cui ho partecipato questa volta come allieva. Spero di poter pubblicare prossimamente qualche approfondimento utile. La Regione Veneto è stata l’unica a intercettare e interpretare correttamente questo bando europeo. E’ stato un percorso formativo che ha visto coinvolti circa una trentina di attori, ognuno col proprio progetto esperienziale che verrà presentato ufficialmente alla Bitesp 2019 di Venezia (Borsa Internazionale sul turismo esperienziale) a più di 300 buyers tra stranieri e italiani, aderendo ad un club di prodotto.

    DA CHE COSA NASCE QUESTA DOMANDA?

    I fattori sono più d’uno. Sicuramente uno dei motivi principali è il processo di globalizzazione che ha portato alla standardizzazione dei prodotti/servizi. Un secondo motivo è l’esplosione dell’uso massivo dei social network, che, se da un lato avvicinano persone geograficamente anche molto distanti fra loro, dall'altro isolano. Quindi di sicuro negli ultimi anni è emersa sia l’esigenza di una maggiore personalizzazione del prodotto/servizio, sia e soprattutto il bisogno di relazionarsi in maniera più vera, diretta, autentica. L’essere umano ha sempre cercato la maturazione di sé attraverso il viaggio, ma mai la necessità di vivere esperienze personalizzate e basate sulla conoscenza di un territorio attraverso la relazione fra individui si è manifestata in maniera così forte ed evidente come in questo momento.

    UN’OPPORTUNITA’ PER L’ ITALIA : A COSA SERVE PROPORRE ESPERIENZE ?

    Non dimentichiamoci che l’Italia è la meta più desiderata al mondo, eppure come detto sopra questo non si traduce a livello numerico se guardiamo i nostri vicini di casa europei, che hanno invece pensato di strutturarsi per andare incontro a questa domanda già da almeno 10-15 anni.

    Quindi differenziarsi, caratterizzare la propria attività, e creare offerte che incontrano le attuali esigenze permette non solo di vendere attività ancillari ma anche di intercettare una clientela di più alto valore e, infine, di evitare la guerra al prezzo sulle OTA, che danneggia non solo l’economia della singola attività commerciale ma INTERE DESTINAZIONI TURISTICHE. La piscina, la spa, etc ad oggi non sono caratteri differenzianti! E in molti casi dal turista sono considerati il minimo sindacale che una struttura ricettiva dovrebbe avere!

    TUTTI POSSONO OFFRIRE ESPERIENZE?

    Purtroppo la risposta è….ni! Premesso che il turismo esperienziale non è il turismo attivo, outdoor, enogastronomico e, con particolare riferimento alla “bed experience”, non è nemmeno quello della casetta sull’albero o del pernottamento all’interno della "bolla di vetro nel bosco".

    L’esperienziale di cui parlo è quello della relazione che crea emozione, che permette al turista di ritornare per il piacere della conoscenza di un territorio (di un piatto, della storia, di un evento, etc) attraverso la condivisione e lo scambio e grazie alla memorabilità e autenticità dell’esperienza vissuta con i “locals”Quindi si può tranquillamente affermare che nel turismo esperienziale il prodotto non sono (solo) i servizi ma le persone.  Pertanto è fondamentale anche - e soprattutto - includere nel prodotto esperienziale una “componente umana” empatica molto forte e porre molta attenzione ai fornitori-attori che erogano il servizio. Con particolare riferimento al turismo esperienziale, spesso agli occhi dei buyers stranieri noi italiani risultiamo improvvisati, inaffidabili, disorganizzati, banali. Non serve che vi spieghi quanto sia grave e diffuso il fenomeno dell’abusivismo turistico.

    La consapevolezza di disporre di bellezze storiche, artistiche, paesaggistiche, culturali ha alimentato per decenni la presunzione che ciò fosse sufficiente ad attrarre turisti, e di fatto lo è stato fino agli anni Settanta.

    Questo ha portato a sottovalutare il settore economico turistico, a investire poco nella formazione, e di fatto mancano competenze di alto livello e, come già si sa, reti turistiche strutturate e forti, ed è naturale quindi che per l’esperienziale i buyers stranieri scelgano altri mercati come Francia e Spagna.

    Gli ostacoli principali non dovrei nemmeno menzionarli: la nostra condizione geografica, socio-culturale, e politica, soprattutto riguardante le diatribe (che durano da almeno 30 anni) nella delega del potere legislativo/esecutivo in materia di turismo da Stato a Regioni, da Regioni a Province, da Province a Comuni (vedere riforma Delrio del 2016).  Ma dobbiamo tener conto che abbiamo un pozzo d’oro dal quale attingere essendo l’unico paese al mondo che ha così tanto da offrire ai turisti, e che le soluzioni sono soltanto due: o iniziamo a proporre prodotti di qualità o abbassiamo i prezzi. Non rimane molto altro da fare per inserirci in quel segmento di mercato che già è stato acquisito da altri.

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