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lunedì 30 dicembre 2013

ECCO, SI FORMA IL FUMOGENO.....anto per far vedere che ci si muove...(si va in vacanza a roma, pagate voi!)


CONTRO LO STRAPOTERE DELLE ASSICURAZIONI, LE ASSOCIAZIONI CHE FANNO???


evvaiiii, la soluzione contro la disoccupazione, POLITICI, NON E' COSI' CHE SI FA'


domenica 22 dicembre 2013

inforad

Come Fare Ricorso Contro Le Multe Da Tutor

Fare ricorso contro un multa per eccesso di velocità rilevata con il sistema tutor è possibile. Sempre più automobilisti si rivolgono al giudice di pace e ottengono una sentenza favorevole.
Il tutor è un sistema di rilevamento attivato su circa 2mila e 500 chilometri di rete autostradale che registra il passaggio dell’automobile sotto due telecamere (a distanza una dall’altra di circa venti chilometri) e calcola la velocità media. Se il computer conferma che il mezzo superava i 130 km orari, viene inviata a casa una sanzione. Dall’arrivo della notifica, sono concessi trenta giorni di tempo per rivolgersi al giudice di pace competente territorialmente e contestare l’infrazione. Per ottenere una sentenza è però necessario versare una tassa di 37 euro.
Di seguito i vizi più frequenti che già in passato hanno permesso ad alcuni automobilisti di evitare la multa.
Ora legale. Sembra incredibile ma a Palmanova un avvocato è riuscito ad annullare la sanzione perché la Polizia stradale si era dimenticata di spostare l’orario del tutor all’ora legale. Così il verbale di notifica discordava di un’ora con la rilevazione dell’infrazione.
Mancata omologazione. E’ possibile richiedere alla Prefettura di esibire la prova dell’omologazione e della taratura del tutor considerando che lo strumento di rilevazione è distante dal personale di Polizia che eleva la sanzione e che deve essere controllato ogni anno.
Competenza territoriale. Se le telecamere del tutor distanti tra loro circa venti chilometri si trovano in territori diversi, è possibile sollevare questo vizio. Infatti se nella notifica a casa è specificato che il ricorso deve essere presentato al giudice competente per la zona dove è installata la prima telecamera, si può obiettare che l’infrazione è stata commessa sulla media dei venti chilometri ed è quindi competente il giudice di pace del territorio dove si trova la seconda camera.
Pioggia parziale. Se si superano i 110 km orari mentre piove, si è soggetti a infrazione. Per contestare la multa si può sostenere che nel raggio della prima telecamera ancora non pioveva mentre all’arrivo sulla seconda telecamera, è iniziato a piovere. In questo caso, se la velocità rientra tra i 110 e i 130 km orari si può sperare di avere l’annullamento della sanzione.
Omessa segnalazione. Nel verbale deve essere specificato che il tutor era segnalato e ben visibile. Se le telecamere erano collocate dietro un pannello a messaggio variabile (di quelli che segnalano gli incidenti) o alla fine di una galleria si può contestare la visibilità. E’ impossibile infatti per l’automobilista accorgersi della presenza del sistema se non opportunamente segnalato con cartelli.
Tipo di mezzo. E’ già successo che il sistema automatico del tutor confonda il veicolo che fotografa e applichi un limite di velocità sbagliato. Per esempio, può scambiare un camper con un autocarro e quindi applicare il limite errato di 80 km orari.
Rilevatori. Per evitare di prendere nuove multe da tutor e autovelox, un interessante strumento da portare in auto mentre si viaggia è Inforad K2. Con circa 50 euro, si può acquistare questo rilevatore di autovelox fissi, mobili e telecamere ai semafori.

lunedì 25 novembre 2013

AVENDO BISOGNO ASSOLUTO DI INCAMERARE DENARI STATO E AMMINISTRAZIONI TERRANNO CONTO DI CIO'----

La Gazzetta Ufficiale del 19 novembre ha pubblicato il decreto che regolamenta il montaggio delle luci diurne su tutti quei veicoli che ne erano sprovvisti all’origine. Con questa pubblicazione, il Ministero mette fine ai dubbi sul regolamento dei kit che non potevano essere montati in Italia anche se conformi alle norme europee. Per montare le luci diurne non sarà necessaria la richiesta del nullaosta al costruttore, ma basterà far installare da un autoriparatore iscritto ai registri un kit omologato UN/Ece 87. L’autoriparatore dovrà rilasciare un certificato di esecuzione lavori a regola d’arte e la vettura dovrà essere portata presso un ufficio della Motorizzazione Civile di competenza (in base al luogo dell’officina), sottoporre il veicolo alle prove previste e aggiornare la carta di circolazione.
Misure e regole: le luci potranno essere installate dove si ritiene più opprtuno a patto che:
  • la distanza tra i bordi interni delle luci stesse non sia inferiore a 600 mm;
  • l’altezza sia compresa tra 250 e 1’500 mm (dal suolo);
  • gli angoli formati non possono essere superiori a 20° verso l’interno o l’esterno se montati verticalmente;
  • gli angoli formati non possono essere superiori a 10° verso l’alto o verso il basso se montati orizzontalmente.
Nonostante queste particolari direttive, sono previste particolari deroghe per chi sostituisse gli interi gruppi ottici con dei nuovi proiettori che prevedono le luci diurne già integrate.

solo da clinic-camper lo puoi trovare in esclusiva per l'italia


quello che si puo' fare con la gomma liquida EPDM di pro-guard

martedì 5 novembre 2013

epdm liquid rubber di pro guard

SOTTO HO POSTATO IL COSTO DI UNA NOTA VERNICE PUBBLICIZZATA DA TEMPO NON SOLO NEL SETTORE DEL VEICOLO RICREAZIONALE
Vernice protettiva 
ProtectaKote UVR 1 Lt.
Protectakote - Rivestimento protettivo poliuretanico granuloso, confezione da 1 litro. Versione specifica per verniciature esposte alla luce del sole e per chi desidera che la parte trattata rimanga lucida (funzione anti-UV). (1L = 2mq x 2 mani).
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Protectakote - Rivestimento protettivo poliuretanico, kit con 1 L. prodotto bianco liscio, 1 vaschetta, rullo, pennello, nastro adesivo, guanti, diluente, aggrappante, istruzioni. Per ripristino piatti doccia, sanitari, rivestimenti. (1L = 2mq x 2 mani).
Listino
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COME POTETE BEN NOTARE CON UN BARATTOLO DA 1 KG SI TRATTANO 2 MQ.
LA GOMMA LIQUIDA EPDM LIQUIR RUBBER DI PRO GUARD DA NOI DISTRIBUITA IN ESCLUSIVA PER IL MERCATO ITALIANO, venduta in via promozionale a euro 45 al kg, iva inclusa, tratta una superficie di circa 7 mq. LA ABBIAMO TESTATA SU DIVERSI TIPI DI MATERIALI QUALI : VETRORESINA, PLASTICA, ABS, PVC, SILICONE, MATTONI E CEMENTO,ALLUMINIO,DIREI CON RISULTATI PIU' CHE OTTIMI, I PRIMI TETTI GIRANO GIA' DA CIRCA 1 ANNO E MEZZO E NON SONO ASSOLUTAMENTE RIMESSATI AL COPERTO, Chi ha trattato il tetto del proprio camper con epdm di pro guard e' soddisfatto e gira con una garanzia di ben 5 anni sulla tenuta del prodotto applicato a regola d'arte su una superficie ben preparata.http://youtu.be/n4V13d7A2KQ

martedì 22 ottobre 2013

Riparazione piccole fessure parti in plastica

Queste riparazioni sono le piu' semplici ed economiche non richiedendo attrezzature particolari

La riparazione di un paraurti rotto è possibile grazie a kit presenti in commercio che consentono a chi è pratico del fai da te di risparmiare denaro e ripristinare la struttura della parte plastica, stessa applicazione può essere eseguita su plastiche di moto o scooter lesionate o spaccate.

In commercio esistono diversi kit per la riparazione di paraurti e parti in plastica, per ottenere un lavoro di qualità meglio utilizzare prodotti di qualità, il sistema di riparazione plastiche e paraurti della 3M è uno dei più validi sulla piazza.

Se la riparazione deve essere eseguita su un paraurti allora è necessario rimuoverlo e per far ciò in assoluta sicurezza e comodità meglio servirsi di un ponte elevatore, la rimozione del paraurti non è eccessivamente complicata ma una volta rimosso è necessario acquistare i bulloni di fissaggio che solitamente sono ad incastro ed in plastica, per rimuovere e riparare le plastiche di uno scooter è sufficiente servirsi solo di un cacciavite.

Una volta rimosso il paraurti è necessario pulire la parte interna con prodotti abbastanza aggressivi, i chilometri percorsi su strada fanno accumulare sporcizia sotto il corpo vettura e nel paraurti, utilizzando uno sgrassatore e dello scotch brite è necessario procedere alla pulizia della superficie interna, quella esterna può essere lasciata anche cosi com'è, vedremo poi il perché.


Supponendo che la fessura sia di 15 cm dovremo individuare l'apice e forare con un trapano, tale operazione è indispensabile affinché si impedisca alla fessura di continuare a propagarsi con le vibrazioni, la fessura necessiterà di essere lavorata dall'esterno con un disco abrasivo di piccole dimensioni o con le frese per compressore in modo da rimuovere parte della plastica lavorando con un angolo di 45°, tale operazione consentirà una migliore adesione delle parti.

Lavorando sempre sulla parte esterna del paraurti si dovrà carteggiare la zona vicina (per circa 10 cm) in questo modo la vernice andrà via e si dovrà lavorare fino a quando si vedrà la plastica viva, una volta terminata la carteggiatura sarà necessario rimuovere la polvere ed eventuali residui, per far ciò meglio servirsi sempre dei prodotti della stessa azienda.

Con il panno 3M 34567 imbevuto con il pulitore VHB cleaner si procederà a rimuovere i residui ma questa volta si procederà alla pulizia sia nell'interno che sull'esterno, una volta asciugato si applicherà il promotore di adesione 3M 6396 sull'area interna del paraurti da riparare (è una spugnetta imbevuta di un liquido), sarà poi necessario attendere che asciughi.

Una volta asciutto è necessario posizionare la patch 3M 5888 sulla crepa (parte interna) tagliando quella in eccesso, la patch è adesiva e deve coprire tutta la fessura con qualche cm di margine in più in lunghezza, per far aderire perfettamente ci si deve aiutare con un phon industriale (è un piccolo strumento simile ad un asciugacapelli che invia aria ad alta temperatura).

Prima di passare lo stucco sulla parte esterna è necessario spruzzare il primer 3M 5917 ed utilizzare lo stuccco 3M 5887.

Lo stucco in questione si utilizza con una pistola estrusore 3M 8117 simile a quella impiegata per stendere il silicone, lo stucco una volta sul paraurti deve essere steso con una spatola e lasciato asciugare per 20 minuti almeno, una volta indurito deve essere carteggiato, il paraurti può ora essere verniciato.

Riparazione grandi fessure parti in plastica

Se la fessura del paraurti non permette l'adesione per mancanza di plastica che è stata distrutta in caso di urto allora è necessario procedere in altro modo.

La riparazione è possibile solo se la distanza tra le due parti in plastica è di modesto spessore (qualche cm) se la fessura fosse di eccessive dimensioni il lavoro non potrebbe eseguirsi.

Prima di tutto occorre eliminare la propagazione della fessura all'apice dell'intaglio con un trapano, sempre con il trapano si deve procedere a forare lungo la fessura su entrambe le parti ad una distanza dalla crepa di qualche centimetro procedendo con i fori ad una distanza uno dall'altro di 4 o 5 cm, questi fori servono per ancorare l'adesivo, occorre proseguire smerigliando le parti circostanti.

Per ancorare l'adesivo è necessario utilizzare il primer 3 M 5917, per accoppiare le plastiche è necessario utilizzare l'adesivo 3M 55045 con la pistola estrusore, l'adesivo si stende su una plastica che permette di modellarlo ed impedisce che si attacchi ad essa ed è necessario che faccia presa solo sulla parte esterna, la rimanenza verrà coperta con un altro materiale.

Una volta indurito l'adesivo potrà essere carteggiato, la parte con il foro di maggiori dimensioni deve essere ostruita con un adesivo 3M 55047 steso su un nastro retinato sempre 3M, se viene messo un eccesso di adesivo occorre non preoccuparsi perché si dovrà procedere in seguito a carteggiatura.

La rete con l'adesivo dovrà essere posta all'interno del paraurti, i fori ottenuti con il trapano faranno da supporto ed eviteranno che le vibrazioni indeboliscano la struttura, l'adesivo fuoriuscito all'esterno dovrà essere modellato con la plastica trasparente utilizzata con il primo adesivo.

Una volta indurito si potrà eliminare la plastica modellante trasparente e tagliare la rete in eccesso, l'adesivo una volta asciutto può essere carteggiato.

Terminata la riparazione occorre utilizzare lo stucco 3M 5887 con una spatola ma prima è necessario stendere e lasciare asciugare il primer.

Una volta carteggiato lo stucco si può procedere alla verniciatura.

martedì 13 agosto 2013

Danni da incidente stradale: IVA dovuta anche senza fattura La Cassazione ribadisce che anche senza prova della riparazione, chi paga i danni deve coprire anche il costo dell'IVA

12 Giugno 2013
Carrozzeria
I Giudici di Piazza Cavour ribadiscono una verità quasi misconosciuta: quando ci viene danneggiata l'auto in un incidente stradale, e ci viene risarcito il danno, anche se non abbiamo ancora riparato il nostro veicolo dev'esserci liquidata anche l'IVA, non solo l'importo imponibile contenuto in preventivo. È quanto si legge nella sentenza della III sezione civile della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 10 giugno, n. 14535In primo grado il Giudice di Pace di Roma e il Tribunale Capitolino avevano escluso che al danneggiato spettasse l'IVA, perchè non essendoci la prova della riparazione, il pagamento dell'IVA avrebbe costituito un indebito arricchimento. Gli Ermellini correggono i Giudici di merito: l'IVA è dovuta anche se c'è solo un preventivo, perchè "il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali".
UN DANNO BAGATELLARE, MA IL DANNEGGIATO NON MOLLA - Una causa per meno di 300€ di IVA non pagata, che ha fatto tutti i gradi di giudizio. Il danno pagato senza IVA era infatti pari a 1127,67€. Evidentemente è iniziata anche come questione di principio, che alla fine è stata vinta dal danneggiato. Il Giudice di Pace di Roma gli aveva infatti negato l'IVA e il Tribunale aveva rigettato l'appello, condannandolo alle spese. A questo punto, vedendosi erodere il risarcimento dai costi legali, il pervicace automobilista ha chiesto alla Suprema Corte, che gli ha dato ragione, peraltro ribadendo un principio già affermato nel 1997, poi confermato nel 2010 ed ora anche nel 2013.
L'IVA E' UN DANNO CONSEQUENZIALE, DEV'ESSERE PAGATA - Il principio affermato dalla Corte di Cassazione è il seguente: "il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA versata, pur se la riparazione non è ancora avvenuta". Non dunque ciò che è stato effettivamente speso, ma ciò che si dovrebbe spendere per ripristinare la situazione precedente all'incidente. Precisano, gli Ermellini, che tale principio è già stato affermato dalla stessa Suprema Corte con le sentenze nn. 10023 del 1997 e1688 del 2010. L'unico caso in cui l'IVA può non essere corrisposta è quello del danneggiato che ha diritto al rimborso o alla detrazione in ragione dell'attività svolta. In tutti gli altri casi, fattura o non fattura, la compagnia di assicurazione deve pagare tutto l'importo preventivato, senza trattenersi l'IVA.
TROPPE CAUSE PER GLI INCIDENTI STRADALI, DI CHI E' LA COLPA? - Vale la pena chiedersi, leggendo questa vertenza, che se vogliamo è emblematica del braccio di ferro tra danneggiati e imprese assicurative, di chi sia la colpa se gli Uffici Giudiziari sono intasati di cause per danni da incidenti stradali. I media dipingono sovente i danneggiati come speculatori, parlando di colpi di frusta finti, di truffe assicurative, ma è noto agli addetti ai lavori che le offerte che le compagnie di assicurazione fanno ai danneggiati in fase stragiudiziale, raramente coprono tutti i danni che il sistema risarcitorio, costituito da leggi e giurisprudenza interpretativa, prevede. E' una scommessa delle compagnie sul fatto che i danneggiatipreferiscano prendere 3 oggi, piuttosto che 5 domani. Salvo poi trovarsi, le compagnie, a pagare i 5, con gli interessi e le spese legali. Tanto poi, questi costi, li ripianiamo noi automobilisti, ce li troviamo nel premio.

test batterie auto: le migliori secondo il turing club svizzero

UNA PER OGNI AUTO - Guai a confondere una batterie AGM con unaECM e il motivo per cui la svista può costare cara ce lo spiega qui il Responsabile Sviluppo Prodotto Exide. I tecnici del TCS hanno analizzato i parametri di funzionamento delle batterie Banner, Bosch, Varta, Exide Premium e Patrouille (prodotta da Banner) sia per le auto tradizionali cosiddette "a liquido" sia per le auto con sistema antinquinamento Start&Stop, capaci di maggiori correnti di spunto, stressando queste ultime nella maniera più consona alla funzione per cui sono state progettate: resistere a infiniti avviamenti nel traffico. Tra le due tecnologie costruttive, quella tradizionale a liquido mostra nei test una resistenza inferiore al calore sprigionato dal motore pur garantendo la giusta alimentazione anche negli avviamenti a freddo. Mentre le batterie EFB/AGM (Enhanced Flooded Batteries/Absorbent Glass Mat) per applicazioni micro-ibride su veicoli dotati di recupero di energia in frenata oltre a Start&Stop sono più resistenti in tutte le condizioni.
PROMOSSE MA CARE - Con capacità nominali da 70 a 72 Ah e correnti di spunto all'avviamento fino a 760 A, le 12 batterie sono state valutate in condizioni di prova unificateverificando la corrispondenza dei parametri dichiarati dai Produttori con quelli misurati nei test. Tra le batterie tradizionali a liquido, la Banner Power Bull acquisisce il punteggio maggiore per Capacità, Corrente di avviamento a freddo e Longevità, superando con il voto più alto anche gli esami tecnici con la valutazione finale "ottimo". Stesso voto finale anche per la Bosch Silver S4 che ha dalla sua anche un prezzo leggermente inferiore (209.3 contro 250.8 euro). Tra le batterie specifiche per le auto più ecologiche, il pareggio è dovuto alla compensazione dei voti parziali migliori spalmati tra i diversi prodotti esaminati: tutte promosse con la valutazione di "molto consigliato" e in questo caso il costo di acquisto della Banner Running Bull EFB di 319.7 euro può spuntarla sul prezzo della Exide Micro-Hybrid ECM (382.8 euro).
LA PROVA DEL SEMAFORO - Chi ha acquistato un'auto nuova da qualche mese sa che se l'auto si spegne agli stop non vuol dire che è guasta ma è semplicemente il dispositivo antinquinamento che mette in stand-by il motore arrestandolo per poi riavviarlo quando si preme la frizione (o si toglie il piede dal freno, quando il cambio è automatico) e si è pronti a ripartire. L'efficienza della batteria nei continui avviamenti dev'essere costante nel tempo per garantire il funzionamento ottimale dei sistemi elettronici attivi quando il motore si spegne, ma soprattutto nella successiva fase di avviamento. Per testare la resistenza delle batterie per autoalle soste da semaforo, sono state simulate migliaia di fermate con annessi arresti e riavviamenti del motore. Nel test di resistenza del TCS è stato simulato un tempo d'attesa di 59 secondi a un semaforo rosso o in colonna. Dopo l'avviamento, è seguito un periodo di marcia ininterrotto di 60 secondi, accompagnato da un nuovo intervallo d'attesa di 59 secondi, i tuttoripetuto 40 mila volte. Le batterie EFB e AGM hanno superato bene questa prova mentre sulle auto con Start&Stop automatico, la durata di vita di una batteria "a liquido" tradizionale è limitata.
CONSIGLI PER L'INVERNO - Una batteria d'avviamento per auto mantiene la sua efficienzamediamente per 5 anni, tuttavia, particolari condizioni d'uso potrebbero abbreviarne la vita sensibilmente. Se la batteria è posizionata nel vano motore è opportuno riposizionare sempre le custodie che la proteggono dal calore del motore, se invece la stessa è posizionata sotto al sedile o nel bagagliaio, l'ideale è installarne una con tecnologia AGM che evita la fuoriuscita di liquido elettrolita. Soprattutto in inverno, quando sbrinalunotto, ventilazione, fari e tergicristalli lavorano insieme, è meglio disattivare tutti i dispositivi durante l'avviamentodel motore e guidare almeno per mezz'ora se l'auto è utilizzata per rari e brevi spostamenti o si dovrà ricorrere con più frequenza a una ricarica rigenerante dell'accumulatore.

tutto sulle batterie



Le batterie di avviamento sono in grado di sopportare le forti correnti dell’avviamento anche per più avviamenti consecutivi, ma non tollerano scariche profonde.

Vengono identificate con una scritta del tipo 12V – 55 Ah – 420A. La prima cifra indica la tensione della batteria, la seconda la capacità della batteria in 20 ore (C20), la terza la corrente di spunto, cioè la massima corrente che possono erogare all’avviamento per 30 secondi prima di scendere a 7.2 Volt.


Cosa si intende per "capacità" di una batteria?

Il valore di capacità "C20" si ottiene moltiplicando la quantità di corrente che la batteria può erogare continuamente per 20 (ore) prima di scendere a 10.5 Volt (valore convenzionale di batteria completamente scarica).
Nel caso di una batteria con 100Ah (C20), vuol dire che la corrente che si può erogare per 20 ore prima di scendere a 10.50 V è di 5 Ampere (5A x 20h = 100 Ah).

Può capitare che la capacità non venga espressa su 20 ore (C20), ma su cinque (C5) o su cento (C100) ore; in questo caso occorre tenere presente che i due valori non sono direttamente confrontabili, infatti la stessa batteria ha un valore di C20 di 90Ah ed un valore di C5 di 70 Ah.

Le batterie di avviamento non sopportano di essere scaricate oltre il 25-30% della capacità nominale per più di 10 volte: sono state costruite per l’avviamento dove il consumo per ogni messa in moto è di circa 5 Ah.

Quando completamente carica una batteria riesce a fornire la corrente accumulata in un intervallo di tempo più o meno lungo a seconda della capacità per cui è stata progettata. Ad esempio, una batteria 12V-60 Ampere/Ora (Ah) riesce a fornire 60 Ampere per un ora (oppure 30A per due ore o 120A per mezz'ora ecc..), dopodiché la sua tensione scende sotto i 12V e bisogna caricarla.

Queste considerazioni sono vere in teoria mentre in pratica sono progettate per fornire bene e continuativamente una corrente che è il 10-20% della loro capacità massima.

Diverso è il concetto di corrente di spunto. Questa può essere anche maggiore di 6 volte la capacità indicata (es. 60Ah=360Ampere), ma solo per pochi istanti necessari, ad esempio, a far girare un motorino d'avviamento.

Il processo di scarica, durante un normale utilizzo avviene con tempi molto più lunghi, infatti questi alti assorbimenti si verificano solo in fase di accensione del motore. Nell'istante in cui il motorino d'avviamento riceve la corrente scorrono molte decine di Ampere, ma appunto solo per pochi istanti. In quel momento la batteria viene fortemente utilizzata, ma come il motorino inizia a girare la corrente cala vistosamente e se il motore parte subito l'assorbimento diviene bassissimo fino praticamente a terminare nel momento in cui si rilascia lo starter. Da questo momento la batteria comincia ad essere ricaricata dall'apposito circuito di carica che provvede a restituire l'energia persa e quella che verrà successivamente consumata dalle varie utenze. Tra queste la principale è rappresentata dalle lampadine dei fari anabbaglianti e di posizione.

Se l'auto viene utilizzata per un periodo sufficientemente lungo da permettere un bilancio positivo tra la corrente consumata dai circuiti e quella ripristinata dal movimento, in teoria la batteria non ha bisogno di nessuna carica aggiuntiva. La sua carica viene infatti continuamente ripristinata. Se invece i tragitti sono sempre di breve durata, la batteria tenderà inevitabilmente a scaricarsi.

Avviene inoltre anche un normale processo di scarica che lentamente fa scendere la tensione degli elementi e questo è inevitabile e del tutto normale. Questo processo riduce la carica circa dello 0,5-1% giornalmente quindi se si lascia la moto inutilizzata per un periodo molto lungo è bene provvedere con qualche accorgimento per evitare che la batteria si rovini. Controlli periodici sullo stato della batteria poi sono del tutto consigliati in generale per aumentarne la vita.
Mantenere sempre carica la batteria quindi ne aumenta la vita e l'efficienza generale.

PERCHE' UNA BATTERIA SMETTE DI FUNZIONARE?

I motivi possono essere molteplici:

• rottura del contenitore: a causa di urti o vibrazioni lo scatolato si fessura lasciando fuoriuscire il liquido elettrolita e quindi una o più celle resteranno a secco;
• cortocircuito fra due piastre: ogni cella contiene due piastre che devono restare separate fra loro, rimanendo collegate elettricamente attraverso il liquido che le bagna entrambe. Se le vibrazioni o la rottura dei loro supporti fanno sì che entrino in contatto allora la cella va in cortocircuito e cessa di erogare corrente, la cosa può essere diagnosticata con un semplice tester che in questo caso misurerà ai poli una tensione di 2V inferiore a quella nominale per ogni cella cortocircuitata.
• solfatazione: se non utilizzata a lungo e soprattutto se portata a livelli di carica molto bassi (20-30%) la batteria al piombo può "solfatare", ovvero può subire una reazione chimica che crea sulla superficie delle piastre uno strato di solfato di piombo in forma cristallina, dura ed isolante. Una batteria solfatata solitamente non è più recuperabile e va sostituita poichè le reazioni chimiche necessarie alla carica e scarica di corrente non possono aver luogo; l'unico rimedio da tentare senza eccessive speranze è una ricarica "violenta" ad alte correnti in modo da far ribollire il liquido che potrebbe rimuovere parte della crosta superficiale. 
• autoscarica: le batterie al piombo sono soggette ad una lenta ma costante autoscarica anche se non utilizzate, la corrente "persa" può arrivare al 10% della capacità per ogni mese; l'autoscarica è favorita dalla presenza di impurità e sali minarali, anche per questo per i rabbocchi va usata acqua deminaralizzata; 
• generazione di fanghi: con il tempo, le vibrazioni, l'utilizzo, le cariche violente l'ossido di piombo delle piastre lentamente si stacca e precipita sul fondo della cella rischiando di creare un collegamento elettrico fra le piastre;
• interruzione dei contatti: cattiva manifattura e/o vibrazioni possono causare la rottura dei contatti elettrici fra poli e piastre, in questo caso la misura della tensione darà valore 0;


Come provvedere ad una corretta carica.

Le batterie vengono vendute precaricate, ma è buona norma, prima di utilizzarle, applicare un ciclo di ricarica a bassa corrente per riportarla al 100% della carica.

Il processo di carica consente alle celle che formano l'accumulatore di immagazzinare lentamente la corrente fornita. Questa corrente di norma deve essere il 10% della capacità indicata della batteria. Quindi una batteria da 60 Ah deve essere caricata con una corrente di 6 Ampere per un tempo massimo di 10-12 ore.

All'inizio la tensione sarà sui 12.6-13 V, poi questa tensione salirà molto lentamente. Quando arriva a 13.5-13.6 V significa che la batteria è quasi completamente carica.
La batteria infatti internamente è formata da 6 elementi di 2,1 Volt l'uno. Per mantenerla carica bisogna fornire almeno 2,3V ad elemento, ottenendo una carica lenta di mantenimento. Questa carica può essere portata a 2,5V per elemento se la batteria viene normalmente utilizzata, con i normali cicli di carica/scarica. Evitare di andare oltre i 15Volt e quindi di fornire molta corrente per abbreviare i tempi di carica.

Così facendo si va incontro al fenomeno detto di solfatazione. Si tratta di un fenomeno sgradito e dannoso che consiste nella formazione all'interno degli elementi, di cristalli di solfato di piombo. Con una carica violenta questi cristalli aumentano e si legano tra loro formando uno spessore sulle piastre interne e conseguente perdita di efficienza ed erogazione. Evitare dunque i carica batterie rapidi che spesso forniscono troppa corrente di carica.


Indicativamente questi sono i valori per una normale ricarica di una decina di ore:
• Batteria normale: 13.4 - 13. 8 Volt


Il fenomeno della solfatazione colpisce la batteria anche quando questa si scarica senza mai ricaricarla. Più si scarica più il fenomeno aumenta fino a rovinare del tutto la batteria. Un'altra causa di solfatazione si verifica quando le piastre della batteria, a causa del basso livello dell’elettrolita, vengono esposte all’aria. Per questo motivo alle batterie a liquido bisogna anche controllare periodicamente il livello dell'elettrolita.

Questo ci dà lo spunto per parlare della densità dell’elettrolito e del Densimetro, lo strumento appunto per misurare la densità delle batterie tradizionali.

Il liquido contenuto nella batteria è una soluzione acida composta di acqua distillata e acido solforico. In una batteria carica la densità a 27°C è maggiore di 1.260 Kg/l. Quando è inferiore a 1.120 la batteria è completamente scarica.

La densità è indicata in Kg/l o Kg/dm3 in certi casi anche in gradi Baumè (scritto Bè)
• Densità 1,265 Kg/l - Bè 30,23 - Carica al 100%
• Densità 1,225 Kg/l - Bè 26,51 - Carica al 75%
• Densità 1,190 Kg/l - Bè 23,04 - Carica al 50%
• Densità 1,155 Kg/l - Bè 19,37 - Carica al 25%
• Densità 1,120 Kg/l - Bè 15,46 - Completamente scarica

Per misurare questi livelli si utilizza un semplice densimetro per batterie che è solitamente formato da una ampolla di vetro e una pompetta per aspirare il liquido. Dentro l'ampolla c'è un peso con un'asta graduata che si alza a seconda della densità del liquido all'interno dell'ampolla. I modelli più semplici sono colorati di rosso e di verde quelli più precisi anche di altri colori. I valori indicati dai colori corrispondono ai vari livelli di densità e quindi di carica. Il verde rappresenta la condizione di carica il rosso di scarica. Le due condizioni si verificano perché, quando la batteria è completamente carica l'acido solforico è in soluzione con l'acqua, quindi l'elettrolito è più denso.

Quando invece è completamente scarica l'acido solforico aderisce alle placche e quindi la soluzione diviene acquosa con conseguente densità e peso minore.

E’ anche possibile verificare il livello di carica misurando la tensione ai capi della batteria (che non deve avere carichi collegati, se connessa elettricamente all'autovettura dovremo spegnere il motore e tutti gli accessori elettrici) dunque si può risalire alla seguente tabella:

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Al di sotto dei 12V (quindi del 50% circa) la batteria va assolutamente ricaricata pena il forte rischio di solfatazione delle piastre; questa è anche la soglia al di sotto della quale è praticamente impossibile avviare il motore.
La precedente tabella è da considerarsi valida qualora tutte le celle siano nelle stesse condizioni di carica e solfatazione; può però capitare che a vuoto la batteria dia buoni valori di carica ma che la tensione crolli poi verticalmente anche sotto agli 11V applicando un piccolo carico come una lampadina da qualche decina di Watt; in questo caso con tutta probabilità alcune celle sono solfatate ed altre no


Cenni sui caricabatterie. 

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le esigenze di ricarica e la necessità di controllare la corrente porta direttamente alla scelta del caricabatteria, visto che non sono tutti uguali, anzi; ritornando alla precedente immagine con i diversi modelli, diciamo che il "TIPO 1" sarebbe tendenzialmente da evitare per la mancanza sia dell'amperometro (la lancetta che ci dice quanta corrente stiamo infilando dentro alla batteria) che del selettore di corrente (alta o bassa), presenti invece in un caricabatteria "TIPO 2" che si distingue per la presenza di alcuni selettori sul pannello. Il "tendenzialmente" è da considerarsi tale poichè se noi abbiamo una batteria da 50 Ah e il caricabatteria "TIPO1" eroga non più di 5A allora non avremo bisogno di selettori che limitino la corrente, siamo già a posto così. Un "TIPO2" è comunque più flessibile adattandosi a più tipi i batterie come voltaggio che come capacità, ad ogni modo dobbiamo sapere che il caricabatteria da usare/acquistare va scelto in base alla batteria che dovremo trattare.
Una scelta più costosa (circa il doppio di un "TIPO 2" ma efficace prevede piuttosto l'acquisto di caricabatteria automatici e di mantenimento: questa tipologia prevede il controllo della carica mediante microprocessore in modo da non superare mai voltaggi e correnti dannose per la batteria; questi caricatori sono poi eccellenti nel caso vi siano batterie da mantenere efficienti in mezzo a lunghi inutilizzi (è il caso di vetture lasciate per mesi senza avviamento, motociclette o imbarcazioni lasciate a riposo durante l'inverno) poiché si autoregolano in base alla tensione rilevata sulla batteria da ricaricare. I più raffinati possono poi seguire diversi programmi di ricarica tentando pure il recupero di batterie solfatate.
Nel caso si debba lasciare l'auto all'aperto sempre per lunghi periodi esistono da poco anche dei pannelli solari da posizionare sul cruscotto e da collegare alla batteria mediante la presa accendisigari (se sempre in tensione) oppure mediante i morsetti; la scelta può essere valida poichè la corrente erogata durante il giorno contribuisce a compensare l'autoscarica dell'accumulatore. 
Come fare in pratica: riepiloghiamo cosa fare per la ricaricare un accumulatore:
• apriamo il cofano motore e verifichiamo il livello del liquido batteria, eventualmente rabbocchiamo;
• se abbiamo dei dubbi verifichiamo i llivello di carica;
• scolleghiamo i poli;
• colleghiamo i due morsetti del caricatore ai due poli della batteria RISPETTANDO RIGOROSAMENTE LA POLARITA' (+ con +, - con -), verifichiamo i settaggi di voltaggio e corrente nel pannello e infine accendiamo il caricabatteria;
• durante la carica lasciamo aperta la finestra del garage per disperdere gli eventuali gas prodotti dal processo di ricarica; 
• a carica conclusa (la lancetta dell'amperometro segnerà 0 corrente fornita alla batteria) spegnamo il caricatore, scolleghiamo i morsetti e ricolleghiamo i poli batteria all'auto.
• ricordiamoci di verificare nuovamente il livello del liquido che potrebbe esser diminuito durante la ricarica.


Per riassumere i processi di carica e manutenzione:
• Mantenete la batteria sempre carica. Se non utilizzata ricaricatela ogni 2 settimane o utilizzate un caricabatterie automatico
• Controllate, dove possibile, il livello e la densità dell’elettrolito per controllare che tutto sia normale
• Mantenetela pulita, controllate i morsetti e se necessario dopo averli serrati ingrassateli con vaselina.
• Caricate con 1/10 della corrente indicata dal costruttore (60Ah=6A)
• Evitate ricariche violente per ridurre i tempi previsti ma al contrario preferire ricariche lente.


Avviamento con auto di soccorso...


• a motori spenti collegare mediante il cavo i poli positivi delle due batterie.
• avviare il motore dell'auto di soccorso
• collegare il secondo cavo prima al negativo della batteria dell'auto di soccorso, poi alla carrozzeria dell'auto in panne, magari vicino al motorino di avviamento (comunque lontano da sostanze infiammabili: potrebbe nascere qualche scintilla)
• avviare il motore dell'auto in panne, con l'altro motore un pò su di giri. Lasciare stabilizzare il motore appena avviato
• staccare i cavi in ordine rigorosamente inverso: prima il negativo dalla carrozzeria dell'auto ricevente, poi il cavo positivo.


Riguardo l'avviamento tra due auto è opportuno far notare che:

• anche se eseguito correttamente presenta sempre una piccola parte di rischio specialmente sulle vetture con molta elettronica, pertanto è preferibile, sempreché possibile, farlo con un booster oppure con una batteria scollegata dall'altra macchina (nel secondo caso, ovviamente, deve essere di amperaggio almeno al pari di quella della vettura da far partire);
• particolare attenzione và prestata alla qualità e dimensione dei cavi: per vetture a benzina fino 2000cc e diesel sotto i 1500cc si consigliano cavi di sezione da 15mm²; per vetture di motorizzazioni superiori sono consigliati, invece, cavi di sezione da 25mm²