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sabato 10 novembre 2018

Quale regolatore di carica tra pwm e mppt?

Le differenze in breve:

Un regolatore di carica PWM effettua il trasferimento di energia dai moduli FV tramite impulsi di corrente, durante questi impulsi la tensione dei moduli FV è imposta secondo la tensione della batteria, dunque potrebbe essere differente dal valore di tensione di massima potenza (Vmp) del modulo FV associato. Un regolatore di carica MPPT, invece, effettua una conversione elettrica DC/DC tra modulo FV e batteria, garantendo che il modulo FV lavori sempre nel suo punto di massima potenza (Maximum Power Point) tramite un opportuno algoritmo di ricerca (Tracking). I regolatori MPPT sono dunque in grado di utilizzare tutta la potenza generata dal pannello per caricare la batteria, a differenza dei regolatori tradizionali PWM che inviano alla batteria la corrente generata dal pannello.

Dove usare un regolatore MPPT e dove è sufficente usare uno PWM?

Il regolatore PWM costa qualcosa meno rispetto ad un regolatore MPPT, ma il regolatore MPPT è in grado di sfruttare pienamente un pannello fotovotaico con tensione di lavoro superiore o inferiore alla batteria o pacco batterie associato e quindi consente di produrre maggiore energia rispetto ad un regolatore PWM a parità di pannello fotovoltaico. Se la tensione del pannello è di poco superiore a quella della batteria (tipico caso di un pannello 12V a 30 celle e batteria 12V), il regolatore PWM è sufficente in quanto ha un rendimento simile all'MPPT.

Quali sono i principali vantaggi del sistema MPPT?

1.Maggior corrente di ricarica erogata alla batteria
Per capire questo concetto, occorre innanzitutto specificare che la potenza di un pannello è il risultato della seguente moltiplicazione; (Corrente erogata dal pannello) x (Tensione generata dal pannello)
La tensione di lavoro generata dal pannello è tipicamente intorno ai 16-18V (non 12V, come la tensione di batteria): questo surplus di tensione non viene considerato nei regolatori di tensione tradizionali e quindi è "perso" mentre nei regolatori MMPT viene anchesso sfruttato: 

Ipotizziamo un sistema con batteria da 12Volt associato a un pannello fotovoltaico che, in una certo momento della giornata produca una potenza di 3A. Se stiamo utilizzando un regolatore tradizionale PWM la corrente che viene trasferita alla batteria per la ricarica è dunque pari a 3A per una potenza totale di 36Watt (3A x 12Volt)

 Un regolatore MPPT analizza invece la potenza generata dal pannello (P = V x I, come detto prima), e considera quindi anche la tensione del pannello: se pertanto supponiamo che la tensione del pannello sia in quel momento 17V e la corrente erogata dal pannello è come prima di 3A avremo una potenza totale generata di 51W (3A x 17Volt).

Notiamo quindi che la batteria sarà caricata con una corrente pari a 4,25A (51W / 12 Volt) con il regolatore MPPT, anziché 3A con un regolatore tradizionale, e la ricarica avverrà pertanto con una rapidità maggiore del 30%, a parità di pannello e di corrente erogata. 
In pratica è come se utilizzassimo un pannello da 130W anziché uno da 100W, quindi il maggior costo di un regolatore MPPT viene bilanciato dal risparmio sul costo del pannello.

2) Ampio range di tensione in input (fino a 100V, secondo i modelli): questa caratteristica genera ad esempio la possibilità di caricare una batteria 12V con un pannello progettato per lavorare a 24V, senza perdita di potenza. Infatti, riprendendo l'esempio di prima, ipotizziamo di usare un pannello progettato per lavorare a 24V, che ha valori di tensione di lavoro tipici di 32-36V (valore tipico per potenza pannello superiore a 160W) Vediamo che cosa accade con corrente erogata di 3A:
- la potenza erogata dal pannello è 32,2V x 3A=96,6W
- la corrente di carica della batteria corrispondente ad esempio a 12,1V di tensione della batteria è 96,6W/12,1V= 7,98 A

Notiamo come con una corrente di 3A prodotta dal pannello a 34V riusciamo a caricare la batteria 12Vcon c.a. 8A, grazie al lavoro del regolatore MPPT.
Un regolatore classico PWM non avrebbe effettuato questo innalzamento di corrente, e si sarebbe limitato a trasferire i 3A generati dal pannello, che si sarebbe quindi comportato come un pannello di metà potenza.

Anche in questo caso il maggior costo del regolatore MPPT viene bilanciato dal fatto che un pannello da 180W costa meno di 2 pannelli da 110W, ma che la corrente di carica alla batteria è la stessa.

domenica 4 novembre 2018

Carburanti autotrazione, perché..

L’auto elettrica, oggi, ha diversi problemi. Il primo è produttivo e influisce sui costi finali. La bassa scala di produzione e il fatto che necessiti di linee apposite, visto che i pianali – ossia la parte comune dell’auto tra i diversi modelli che consente la condivisione della linea di montaggio- sono diversi per il vero elettrico – ragionamento a parte deve essere fatto per l’ibrido che con ogni probabilità sarà il “supporto ortopedico” per il claudicante diesel – sono problemi che assegneranno ancora per parecchio tempo all’elettrico il valore di una produzione di nicchia, con gli annessi problemi sul fronte dei costi.


Il secondo è relativo alla capacità d’accumulo delle batterie, della loro filiera produttiva e delle problematiche circa la durata delle stesse, con i conseguenti problemi di ricarica e costi. Se da un lato bisogna dire che i progressi tecnologici sono importanti, e non passa mese che non siano annunciati nuovi sviluppi sul fronte della ricerca, dall’altro lato bisogna essere consapevoli che dalla fase di ricerca a quella dell’industrializzazione, e della diffusione di massa, i tempi sono sempre ancora molto lunghi, specialmente in un periodo nel quale, ovunque nel mondo, langue la ricerca finanziata dagli stati, che ha per definizione orizzonti temporali più lunghi dei venture capital.


Il terzo, non indifferente, è quello delle infrastrutture elettriche, produzione e distribuzione che potrebbero non essere pronte, anzi non lo saranno di sicuro, alla conversione nemmeno del 10% del parco automobilistico italiano che è di circa 37 milioni d’autovetture. La concentrazione delle auto nei grandi centri urbani e sulle direttrici autostradali, porrà, inoltre, problemi circa il dimensionamento delle reti di trasporto che potranno essere adeguate, si, ma lo saranno in base alle richieste. Quindi sull’elettrico per quanto riguarda i “rifornimenti” si entrerà in un circolo vizioso già visto, altri settori industriali, nel quale l’offerta si collega, senza interventi dello stato, alla domanda, ed entrambe languono in attesa di non si sa che cosa. E senza voler andare troppo lontano e rimanendo nel settore della mobilità il caso del Gpl e del metanoper autotrazione possiede esattamente questa dinamica.


Ed è proprio il gas il grande assente da questo scenario. Mentre nessuno nega il fatto che il gas naturale (metano) sarà per i prossimi 15-20 anni il protagonista della produzione elettrica, in attesa che le rinnovabili facciano la loro penetrazione in profondità nello scenario energetico italiano, processo già avviato e inarrestabile. Nessuno prende in considerazione, oggi, nonostante la sua valenza, la possibilità di utilizzo per un paio di cicli di vita delle autovetture, 15-20 anni, del gas naturale.


Eppure per il sistema Italia sarebbe una grande opportunità. Prima di tutto la rete esiste, è pronta e persino quella domestica, con tecnologie consolidate, è utilizzabile per rifornire le auto. Abbiamo, infatti, una rete del gas naturale tra le più sviluppate al mondo che è lunga 35mila chilometri. Ragione per cui non c’è nessun impedimento allo sviluppo della rete aumentando i punti di distribuzione. Oggi siamo a circa 1.000 dei quali nessuno in autostrada, mentre quelli benzina/diesel sono 14mila. Ma c’è di più. Il metano ha delle tecnologie disponibili che consentono il rifornimento anche in casa, con tempi lunghi, ossia si parcheggia la sera e la mattina ci si ritrova con il serbatoio, pardon, le bombole piene e pronte per percorrere almeno 300 chilometri, mentre i tempi per il rifornimento alle stazioni di servizio sono simili a quelli di benzina e diesel.


Ma non è finita qui. L’utilizzo del metano è possibile sia su auto nuove – che sono modelli a benzina modificati, molto simili a quelle odierni e che condividono quindi le linee di montaggio – sia su auto “vecchie”, euro zero comprese, cosa che renderebbe la transizione rapida consentendo anche notevoli risparmi alle famiglie. Sia sul fronte della spesa per “l’adeguamento” al nuovo carburante, sia sul costo per chilometro.


E che dire della questione ambientale? L’allungamento del ciclo di vita delle auto sarebbe un risparmio di risorse non da poco, mentre le emissioni calerebbero drasticamente visto che il gas naturale inquina il 75% in meno di diesel e benzina, ed emette zero polveri sottili, con un abbattimento delle stesse del 70% in ambito urbano – il 30% sono dovute all’attrito degli pneumatici e dei freni, per cui si avrebbero anche con l’elettrico. Per non parlare della possibilità di alimentare le auto con il biogas, cosa che metterebbe le auto all’interno del circuito virtuoso delle fonti rinnovabili a impatto “quasi zero”.


Sul fronte industriale, inoltre, sarebbe una manna. Pochi sanno, infatti, che l’Italia è leader nel mondo per gli impianti necessari al funzionamento delle autovetture a gas naturale, sia come prima fornitura alle case automobilistiche, sia per il retrofit alle auto esistenti. E Fiat, oggi Fca, potrebbe trasformare la propria miopia sul lungo periodo – Marchionne ha sempre ribadito di non voler investire sull’elettrico – poiché ha investito sul metano e ha considerevoli risorse industriali e tecnologiche sul questo fronte. Insomma sviluppare lo zoccolo duro del mercato interno del gas naturale per l’autotrazione sarebbe un vero atto di politica industriale, propedeutico allo sviluppo, alla tutela ambientale e all’export di questi sistemi che avranno di sicuro un notevole mercato. Cosa chiedere di più? E cosa manca quindi?


Semplice: la mano pubblica. Come indirizzo e come semplificazione normativa, si potrebbero mettere anche alcune centinaia d’euro d’incentivi, volendo aiutare le famiglie. Fissando, però, prima i prezzi, per non cadere nel fenomeno, già visto proprio con Gpl e metano, dell’aumento con la presenza di contributi all’installazione e con la diminuzione alla scomparsa degli stessi. Eppure a livello di Governo e di Enti Locali si tace. Il perché é presto spiegato. Il motivo sono le accise sul carburante che pensiamo di pagare per litro, ma alla fine si pagano a chilometro percorso. E per verificare la cosa personalmente basta fare una divisione secondo i consumi, reali e non quelli inventati, della nostra autovettura.


Vediamo. Il peso delle accise sui carburanti, – con riferimento a un prezzo pieno di 1,649 euro – infatti, è nel caso della benzina di circa, 0,728 euro, ai quali bisogna sommare l’Iva del 22% ossia 0,293 euro. Totale tasse 1,021 euro. E allora se con un litro di tasse, pardon, di carburante, facciamo 12 km ecco che a chilometro paghiamo 0,085 euro di tasse. Mica male.


E se usiamo il Gpl? Per questo carburante accise e Iva contano per circa il 45% del prezzo totale e il costo è di 0,499 euro per litro. Quindi 0,225 euro di tasse per litro. Ma vediamo al chilometro. Considerando una resa inferiore del 10%, rispetto a benzina e diesel, ecco che a chilometro paghiamo 0,022 euro. E sul versante metano la cosa è ancora migliore visto che la percorrenza con un kg di gas naturale è del 40% superiore a quella della benzina. Quindi il nostro calcolo va fatto per 17 chilometri e non per 12. Per ogni metro cubo di metano per autotrazione le accise sono molto, ma molto basse, ossia 0,003 euro, ai quali dobbiamo aggiungere però il 22% di Iva. Totale quindi 0,223 euro di tasse a chilogrammo che tradotto in gabelle al chilometro diventano in questo caso 0,013 euro.


Passare quindi da una tassazione di 0,085 euro a 0,013 euro per chilometro per lo Stato sarebbe una “sciagura”.


Questa è la vera spiegazione del perché di fronte allo tsunami del diesel, sul Gpl e metano il silenzio è tombale. E forse gli ambientalisti dovrebbero fare un po’ di calcoli, per iniziare a coniugare la difesa dell’ambiente con quella dell’economia reale, a fianco dei cittadini. Dopo tutto con Gpl e metano, al netto della tutela dell’ambiente, si risparmia, rispettivamente il 57% e il 66%rispetto alla benzina. Insomma declinare il linguaggio della tutela ambientale con quello della crisi.


Storia e scienza dei fanali delle auto

Quando si mettono in moto le prime auto, si accendono le prime luci su un mondo che inizia a muoversi su quattro ruote. E si accendono anche le prime luci sulle auto per illuminare il lungo percorso che oggi stanno attraversando. 
Se però adesso lo fanno confari allo xeno, all’inizio del cammino lo facevano con fari a carburo. Che emettevano una luce bianchissima ed energica seppur meno parsimoniosa e soprattutto molto più pericolosa.

La storia dei proiettori delle auto inizia proprio con una reazione chimica: quella del carburo di calcio (solido inodore) su cui veniva fatta gocciolare dell’acqua con la conseguente produzione dell' acetilene Una scintilla ed ecco che l’acetilene (idrocarburo estremamente infiammabile) si incendiava producendo una fiamma azzurra che emanava una luce bianchissima.
Tutto questo succedeva dentro la parabola del faro dove oggi alloggiano le lampade ad incandescenza (filamento di tungsteno) o a scarica elettrica (gas xeno).

Il reale problema nei primi del ‘900 non era tanto la pericolosità del materiale infiammabile, quanto il fascio di luce intenso che abbagliava chi arrivava dal lato opposto. Si pensò di mascherare la metà superiore del proiettore anche se l’unico effetto sortito era quello di diminuire l’intensità del fascio luminoso che comunque puntava ancora dritto sugli occhi di chi veniva di fronte.

Non ci fu tempo per trovare una soluzione che subito arrivarono i proiettori con lampade ad incandescenza. I fari delle auto, ancora esterni al corpo vettura, diventarono pertanto elettrici ed il loro vetro fu sagomato per creare un fascio di luce coerente dalla geometria nota. La sagomatura permise anche di regolarne l’altezza e la profondità. Comparvero quindi i commutatori abbagliante/anabbagliante attraverso anche l’utilizzo di lampade a doppio filamento.

Siamo negli anni ’30: l’uso dei fari abbaglianti era consentito quando si avevano almeno 100 metri liberi da pedoni o altri veicoli. Come per l’avantreno così per il retrotreno fece la sua comparsa la luce di stop, unica ed arancione. E gli indicatori di direzione erano costituiti da bacchette illuminate da luce arancione poste nella parte laterale del veicolo che si azionavano attraverso un comando a mano, uscendo dalla carrozzeria in posizione orizzontale. La luce della targa doveva permetterne la lettura, di notte, da una distanza di almeno 30 metri.

Anni ‘50: i fari iniziarono a far parte del corpo vettura e le parabole scomparvero all’interno della carrozzeria. Siamo ai tempi della Fiat Topolino C quindi della Fiat 600, Alfa Romeo fu la prima marca a montare doppie parabole sull’avantreno per i due tipi di fasci, abbagliante e anabbagliante. Quindici anni più tardi comparvero i fari allo iodio e la luce delle auto tornò ad avere una colorazione più bianca, anche se il bianco dei primi fari a carburo non venne raggiunto.

Fari auto moderni.

Questo nuovo sistema di illuminazione si vide nelle berline di lusso degli ultimi anni ‘60, quando i nuovi schemi stilistici e le nuove tecnologie di costruzione permisero la realizzazione di fari quadrangolari, come era per la prima Fiat 125. Se il passo successivo è stato cavalcato dall’adozione dei fari a scarica elettrica, quelli contenenti gas xeno (che, spostando lo spettro luminoso più vicino all’ultravioletto attraverso una reazione fisica, rendono un colore ancora più bianco rispetto a quelli allo iodio che invece sono ancora ad incandescenza), la novità degli ultimi tempi ha riguardato i materiali con i quali tutt’oggi si realizzano i proiettori: la plastica (policarbonato o polimetilmetacrilato). 
Il nuovo materiale permette di realizzare proiettori in grado di veicolare il fascio di luce attraverso la parabola (che non ha più solo la funzione di riflettere la luce verso avanti, ma anche quello di costruirne la corretta geometria) e di aumentarne l’intensità, dato che la plastica assorbe meno energia luminosa, evitando al contempo che la stessa si trasformi in calore.. Un fanale di plastica non si scada. I vecchi fanali di vetro, una volta accesi, scottavano. Col nuovo polimero le forme dei fari delle auto possono assumere conformazioni talvolta stravaganti contribuendo in maniera decisiva a delinearne lo stile.

Siamo tornati a produrre la luce bianca dei proiettori a carburo che a distanza di un secolo torna a noi più profonda che mai, col suo bagaglio di storia e di figure importanti, di personaggi che potevano permettersi il lusso di accendere i fari delle loro auto. Fieri ed orgogliosi. E se non conosciamo la storia che sovente si ripete, basterà un raggio di luce ad illuminarla; cosicché capiremo che tutto ritorna

sabato 3 novembre 2018

Quando in auto c’era il riscaldamento a carbone


Tornando indietro ai giorni di automobilismo prima della Seconda guerra mondiale, alcune macchine avevano un sistema di riscaldamento. La tecnologia in questo settore era agli albori e si trovavano le soluzioni più strane.
Ma in realtà, un riscaldamento a carbone d’epoca era un’opzione rara, e pericolosa, come dimostrano i primi riscaldatori che erano alimentati a benzina, ma in ogni caso molte persone non potevano permettersi di pagare il costo extra per avere un riscaldatore montato. La stragrande maggioranza non poteva nemmeno permettersi un’automobile in realtà.
Una possibilità alternativa, comunque, era una scatola riscaldamento, che è stata venduta sul mercato principalmente tra gli ani 20 e gli anni 30.

Questo accessorio, come la maggior parte degli oggetti dell’epoca, veniva realizzata in acciaio e ricoperta con uno strato di tessuto.

Un cassetto di metallo scivola fuori il lato in cui il proprietario dell’auto poteva inserire una mattonella di carbone da accendere.
Il calore all’interno sarebbe poi fuoriuscito attraverso piccoli fori su entrambe le estremità della scatola. Che poi andava appoggiata sul pavimento e così poteva riscaldare i piedi e le gambe del guidatore e dei passeggeri.
Misura circa 35 centimetri di lunghezza, e possiamo immaginare che non emanasse poi un grande calore nell'abitacolo. Sempre meglio di niente.
Guardando alle automobili moderne, possiamo immaginare l’evoluzione della tecnologia nelle auto d’epoca. Una cosa comune come il riscaldamento, una volta non era per niente scontata. Invece, si nota anche come il mercato aftermarket sia nato molto presto, e goda di buona salute ancora oggi.

mercoledì 20 giugno 2018

Bollo auto

Bollo auto, rivoluzione dietro l'angolo: cambiano i criteri di calcolo

Bollo auto, rivoluzione dietro l'angolo: cambiano i criteri di calcolo

Come funziona il bollo auto europeo proposto in Commissione Trasporti del Parlamento Ue

Oggi il bollo auto in Italia si calcola tenendo conto della potenza del veicolo, in base ai cavalli e ai Kw. Ma la rivoluzione è dietro l'angolo, perché il bollo auto così come lo conosciamo in futuro potrebbe non esistere più. La commissione Trasporti del Parlamento Ue ha infatti presentato una proposta per rendere la tassa automobilistica uguale per tutti i Paesi comunitari.


Bollo auto ultime notizie: come cambieranno i criteri di calcolo

L'idea è quella di un bollo auto europeo con criteri per il calcolo diversi: sull'importo di quello europeo dovrebbero incidere anche i chilometri percorsi durante l'anno. In particolare, per il calcolo del bollo auto europeo dovrebbero essere presi in considerazione due parametri: da una parte i chilometri percorsi e dall'altra il grado di inquinamento della vettura. In sostanza, più si utilizza l'auto maggiore sarà il prezzo da pagare, specialmente quando questa ha un motore particolarmente inquinante. Sarà necessario che tutti i veicoli siano dotati di un congegno elettronico adatto per rilevare la distanza percorsa, così da rilevare le informazioni utili ai fini del calcolo.

Per il bollo auto europeo, però, ci sarà ancora da attendere. Qualora il provvedimento proposto dalla Commissione Trasporti ottenesse il via libera del Consiglio europeo - e l'approvazione dei 27 Stati membri dell'Unione - ci sarebbe da aspettare fino al 2026 per la sua completa introduzione. L'intenzione dell'Ue è di far partire il bollo auto europeo nel 2023, pur riservandolo inizialmente ai mezzi pesanti e a quelli di peso superiore alle 2,4 tonnellate. Solamente tre anni dopo, invece, verrebbe esteso a tutte le automobili

martedì 5 giugno 2018

Pellicole oscuranti

Dal 2002 è stata regolamentata in Italia l’applicazione per le pellicole oscuranti. Sulla base delle prescrizioni contenute nelle direttive 92/22/CE vetri di sicurezza, 71/127/CEE specchi retrovisori e 77/649/CEEcampo di visibilità anteriore.Queste direttive richiedono che:

sulle pellicole sia sempre apposto il marchio identificativo del produttore

le pellicole siano omologate per il vetro sul quale vengono applicate

vi sia l’esistenza di un certificato di omologazione, costituito all’estero, per quel tipo di vetro

vi sia un certificato di conformità dell’installatore che attesti che il vetro ha lo spessore previsto in sede di approvazione delle pellicole

L’installazione delle pellicole oscuranti può essere effettuata unicamente sui vetri laterali posteriori e sul lunotto posteriore, a condizione che il veicolo sia provvisto di specchi retrovisori esterni da entrambi i lati. Non è possibile invece applicare le pellicole sul parabrezza e sui vetri laterali anteriori, per non precludere il campo di visibilità del guidatore.

Una volta applicati non si ha l’obbligo di aggiornare la carta di circolazione (art. 78 CdS) ne di effettuare collaudi o altro.

Ora valutiamo i vantaggi offerti dall’oscuramento vetri:

Innanzitutto offrono una protezione fino al 99% dai raggi UV, utile per ridurre il livello di sbiadimento interno e per proteggere la pelle,

diminuiscono il calore interno del veicolo che comporta un minore utilizzo dell’aria condizionata e dunque di benzina,

riducono al minimo la luminosità eccessiva garantendo una migliore visibilità,

aumentano la privacy evitando sguardi indiscreti all’interno del mezzo e la possibilità che un ladro noti gli oggetti lasciati in macchina,

infine fornisco una maggiore sicurezzaper i passeggeri perché in caso di impatto le schegge dei cristalli anziché cascare all’interno dell’abitacolo vengono trattenute dalla pellicola evitando danni alle persone.

Le pellicole_oscuranti possono essere installate in qualsiasi centro autorizzato della catena vetro_auto, per questo tipo di operazione è sempre meglio rivolgersi a professionisti per evitare bolle, rigonfiamenti e per ottenere un risultato duraturo nel tempo.


domenica 13 maggio 2018

Notizie rifornimento serbatoi Gpl uso servizi

Dal 2006 siamo arrivati al 2018....IL MINISTRO DELL'INTERNO di concerto con IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO e IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante il «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229» e successive modificazioni; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, recante la «Disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione» e successive modificazioni; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 recante la «Semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'art. 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122» e successive modificazioni. Visto il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 13 maggio 2002, recante «Recepimento della direttiva 2001/56/CE del 27 settembre 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 78/548/CEE del Consiglio» e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 125 del 30 maggio 2002; Ritenuto di dover aggiornare ed integrare, in relazione ad alcune innovazioni tecnologiche intervenute ed alle conseguenti modifiche della normativa di riferimento, la vigente normativa in materia di sicurezza antincendio degli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione, con riferimento al rifornimento dei veicoli provvisti di un sistema di riscaldamento, alimentato a GPL, conforme al decreto del Ministro dei trasporti del 13 maggio 2002; Atteso che l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 340 del 2003 prevede che, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle attivita' produttive, possano essere aggiornate le norme di sicurezza antincendio per gli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione. Ritenuto di acquisire anche il concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; Acquisito il parere del Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, di cui all'art. 21 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139; Decreta: Art. 1 Integrazioni alla regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione. 1. All'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al titolo II, punto 15.3. - Operazioni di erogazione, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: « 3-bis. E' ammesso il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL conformi insieme ai relativi accessori al regolamento UNECE 67, installati per l'alimentazione dei sistemi diversi dalla propulsione dei veicoli conformi al regolamento UNECE 122. E', altresi', ammesso il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL conformi insieme ai relativi accessori al regolamento UNECE 67 installati per l'alimentazione dei sistemi diversi dalla propulsione dei veicoli immessi in circolazione prima dell'entrata in vigore obbligatoria del regolamento UNECE 122. Prima dell'effettuazione del rifornimento, il personale addetto agli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione verifica l'ammissibilita' del rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL di cui sopra sulla base delle indicazioni contenute nella carta di circolazione del veicolo.»; b) al titolo IV, punto 18 - Generalita', al comma 2, dopo le parole «dell'utente.», sono aggiunte le seguenti: «Per il rifornimento dei serbatoi inamovibili di GPL di cui al punto 15.3, comma 3-bis, il personale addetto deve verificare che il veicolo sia in possesso dei requisiti richiesti per il rifornimento, indicati al citato punto 15.3, comma 3-bis»; c) al titolo IV, punto 18 - Generalita', al comma 3, dopo le parole «non presidiati» sono aggiunte le seguenti: «, ad esclusione dei serbatoi di cui al punto 15.3, comma 3-bis,».

venerdì 23 marzo 2018

sigle lubrificanti

I lubrificanti

Cerchiamo di fare un po’ di luce nei meandri delle sigle sempre più misteriose dei lubrificanti. Fino a qualche anno fa si faceva riferimento alle sigle A.P.I. (American Petroleum Institute), che erano tutto sommato semplici e chiare. Di un olio si indicava se era per auto a benzina con una S (Service, stazioni di servizio) o per un diesel con la C (Commercial, veicoli commerciali) più una lettera che tanto più era avanti nell’alfabeto tanto migliore e performante  era l’olio che indicava.
Esempio  Sg-Cd indicava un olio “migliore” a benzina rispetto a un Se-Ce, ma “peggiore “ per un diesel.
Olio lubrificantePoi veniva indicata la viscosità dell’olio es 15W- 40 e tutti erano in grado di capire  che un olio con quelle caratteristiche andava bene praticamente per l’80% dell’Italia; se poi abitavamo che so a Trapani o a passo Rolle era chiaro che nel primo caso era necessario un 20-50 e nel secondo un 5W-30.
La W indicava che l’olio era stato studiato per un uso prolungato a basse temperature. Tutto chiaro e semplice, tipicamente Yankee.
Poi  l’ACEA, che non è la municipalizzata romana bensì l’Associazione Costruttori Europei Autoveicoli ha voluto creare delle sue specifiche. La ACEA  è nata nel 1996 in seguito alla fusione tra CCMC (Comitato Costruttori del Mercato Comune) e ATIEL (Associazione Tecnica dei Produttori Europei di Lubrificanti) e prevede 4 differenti livelli a seconda del tipo di motore e di impiego.
La classificazione è data da una lettera indicante la tipologia di motore e da un numero riportante i diversi usi e applicazioni all'interno di una determinata classe. Le cat. "A" (benzina) e "B" (Diesel) sono dedicate al veicolo leggero. La cat. "C" (Catalyst Compatible) è sempre dedicata alle auto, con in più la compatibilità del lubrificante con i vari filtri dei gas di scarico. La cat. "E" è invece dedicata ai Diesel industriali.
Al contrario di ciò che accade con le specifiche API, una livello numerico più alto non significa migliori performance, insomma le specifiche europee sono piuttosto da iniziati e occorre dunque fare sempre riferimento al libretto di uso e manutenzione del veicolo, sempre che uno lo abbia. Talvolta può essere indicato anche l’anno  della sequenza (es. ACEA B4-02), ma comunque il livello rientra nella categoria essendo compatibile con le precedenti applicazioni. Le ultime specifiche Acea sono del 2004, mentre  l’Api è giunta a Ci-Sm.
A tutto questo si sono sovrapposte specifiche proprie dei vari costruttori, tipo quelle Mercedes e Wolksvagen, il risultato è che un utente medio è sempre più confuso e costretto alla fine ad andare nei loro  Atelier (non è più il caso di chiamarli officine autorizzate, visti certi prezzi)  anche per un banale cambio olio, che nel caso di un’auto diesel con Dpf di una nota casa tedesca può arrivare a costare svariate decine di euro al litro, altrimenti ciao Dpf, se non si usa la marca e il tipo di olio imposto sul libretto uso e manutenzione. Non è che altre case facciano di meglio, lo sanno bene i possessori di un piccolo motore diesel,  che se non usano l’olio prescritto si trovano con le punterie  idrauliche simili ad un rullo di tamburo.
Purtroppo più andiamo avanti e peggio sarà, visto che tutte le case automobilistiche non vedono di buon occhio il cliente che va dal meccanico sotto casa, e cercano di fare margini sempre più con l’assistenza post vendita.

Bene ora cerchiamo di vedere un po’ più in dettaglio le cose.

Per le specifiche abbiamo praticamente detto tutto, aggiungiamo solo che: API SM è nata a fine 2004 e prevede test per maggiore resistenza all'ossidazione, protezione dai depositi, miglior protezione dall'usura e prestazioni a bassa temperatura.
API CI-4: specifica per i diesel a 4 tempi (i diesel a due tempi non ci interessano perché il loro uso è praticamente solo navale e sovralimentato) introdotta nel 2002, prevede test per la compatibilità del lubrificante con sistemi di ricircolo dei gas di scarico (EGR), e con altri sistemi di controllo e trattamento dei gas di scarico. I lubrificanti appartenenti a questa categoria forniscono ottima protezione contro l'usura, poca cenere e depositi sui pistoni, mantenimento della viscosità a caldo, soprattutto nelle zone più stressate dei motori, cioè nelle turbine. Finito, adesso passiamo alle specifiche ACEA.

Le definizioni delle categorie sono le seguenti:

  • A1/B1: oli a bassa viscosità. Adatti a motori di bocca buona, vecchiotti e che in genere lavorano a carico più o meno costante.
  • A5/B5: oli stabili a bassa viscosità, con caratteristiche di notevole scorrevolezza per risparmio carburante.Adatti per un utilizzo severo e lunghi intervalli di cambio.Prevedono prestazioni più elevate rispetto ad A1/B1. Il livello B5 prevede lo stesso livello prestazionale del B4, con in più specifici test per attestare le caratteristiche Fuel Economy.
  • A3/B3: oli stabili adatti per l'utilizzo in mezzi ad elevate prestazioni, impiego severo e prolungati intervalli di cambio.
  • B4: oli stabili adatti per motori Diesel di autovetture e veicoli commerciali con iniezione diretta.
  • C1:oli stabili per motori dotati di sistemi di trattamento dei gas di scarico.Caratteristiche Extra Fuel Economy, Basso tenore di ceneri (< 0,5%).
  • C2: oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi trattamento dei gas di scarico.Caratteristiche Fuel Economy, Medio tenore di ceneri (< 0,8%).
  • C3: oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Medio tenore di ceneri (< 0,8%).
lubrificantiCome si vede non è facile orientarsi , confondersi tra un C1 e C2 è facile, per esempio il nostro vecchio jtd vuole un B4 oppure un B3 è sufficiente visto che l’olio lo cambiamo prima del limite dichiarato dal costruttore? Mah! Ai posteri l’ardua sentenza.
Ora per tornare alla W che si trova in molti oli dobbiamo parlare rapidamente di “Viscosità” La viscosità è una proprietà dei fluidi che indica la resistenza allo scorrimento, giusto per generalizzare più un lubrificante è viscoso e meglio lavora a caldo.
Le classi di viscosità degli oli sono stabilite dalla SAE , Society of Automotive Engineers, e la W di Winter indica che la temperatura di riferimento della viscosità dell’olio è –15° per un 20 W  , -20° per un 15W , -25° per un 10 W, -30°  per un 5W, fino a –35° per uno 0 W. La temperatura estiva max assunta per convenzione è 100°, questo per dare un range molto ampio per l’utilizzo dell’olio. Inoltre le specifiche SAE dicono chiaro e tondo che un 15W-40 è un olio minerale o semisintetico, un 20W-50 o 60 è un semisintetico e 5 o 0 W-30  sono oli sintetici.  Insomma  se dove abitiamo la minima è sui –5° e la massima sui 35°, ma qualche volta andiamo in montagna a sciare e d’estate Palermo ci vede,  un olio 20W-50 è quello che fa per noi, sempre che sul libretto uso e manutenzione  non sia indicato diversamente!
Se poi siamo possessori di una auto di quelle marche che ti obbligano all’olio da loro prodotto, prepariamoci ad essere strizzati come limoni al primo cambio olio. Non solo, se malauguratamente ci troviamo da qualche parte con un impellente necessità di rabbocco di uno o più litri di olio dovuti ad una qualsiasi banalissima  perdita, e le officine e le concessionarie della nostra marca sono chiuse per via dell’orario, o non ci sono proprio sul posto, rischiamo di causare danni irreparabili al Dpf, cioè il filtro antiparticolato, se ci azzardiamo al rabbocco con l’olio del distributore aperto. In poche parole ci hanno venduto un prodotto per la mobilità che non può andare dove non ci sono le loro concessionarie/officine, e che se ha bisogno di olio fuori orario si deve attaccare al beneamato tram di una volta, insomma un auto  poco….mobile!

olio motore

L’olio 5W30 rappresenta un tipo di miscela lubrificante multigrado. È importantissimo comprendere quali sono le caratteristiche dell’olio 5W30 per scegliere bene e utilizzarlo nelle condizioni ottimali.
La sigla 5W30 proviene dalla classificazione della SAE (Society of Automotive Engineers), l’ente di normazione nel campo dell’industria automobilistica. Il suo significato è semplice: la prima cifra seguita dalla lettera “W” (“winter” ovvero “inverno”) determina il valore della viscosità dell’olio in condizione di temperature rigide (-18°C). Il secondo numero indica la viscosità dell’olio a temperature elevate (100°C).
Quindi le caratteristiche dell’olio 5W30 sono: viscosità 5 in inverno al minimo dei giri e viscosità 30 in estate al massimo sforzo.
Come influiscono questi numeri sulle prestazioni del motore?
Il doppio valore in base alla temperatura dell’olio 5w30 offre un notevole vantaggio: permette di sfruttare i pregi di un olio a bassa viscosità quando si avvia il motore e di mantenere protetti gli organi meccanici quando invece si trovano sotto sforzo.

Con un valore 5 a basse temperature (e in fase di avviamento del motore) l’olio 5w30 rimane meno viscoso ovvero più fluido e favorisce l’avvio. Non solo, ma avere una bassa viscosità a freddo permette all’olio di entrare in circolo, di girare, più facilmente e velocemente.
La viscosità maggiore dell’olio 5w30 assicura d’altro canto una maggior protezione agli organi meccanici in movimento. Questo è fondamentale specialmente quando sono sotto sforzo su lunghe tratte. Nello stesso tempo però, la viscosità aumenta l’attrito. Per cui il motore deve utilizzare più energia per far girare gli ingranaggi. Maggiore energia significa maggior consumo di carburante.
Quindi, la viscosità 30 ad alte temperature (cioè una viscosità 6 volte maggiore rispetto all’avvio freddo) permette all’olio 5w30 di assicurare una viscosità soddisfacente a proteggere gli organi meccanici quando sono sotto sforzo pur non andando a intaccare troppo sui consumi del carburante.
A differenza di olii molto più specifici e destinati a temperature estreme, le caratteristiche dell’olio 5W30 permettono di utilizzarlo per tutto l’anno, in tutte le stagioni, in presenza di climi temperati. D’inverno la sua viscosità non influisce negativamente sull’avvio del motore e d’estate o comunque a temperature molto alte, non si rischia di danneggiare il motore per mancanza di viscosità né di consumare troppo carburante per l’effetto opposto.

mercoledì 21 marzo 2018

gomma liquida wite gloss gum impermeabilizzare il tetto del camper

WITE GLOSS GUM finitura liquida e' una guaina impermabilizzante monocomponente di ultima generazione, pronta all'uso, a base di nuovi polimeri ibridi estrememente performanti che permette al wite gloss gum fondo di raggiungere la massima efficenza in durata, calpestabilita' e resistenza ai raggi UV (  TEST QUV-B NORMATIVA ASTM G 154 CICLO 2 ) e resistente ai ristagni di acqua.
Per una maggior durata del prodotto  si consiglia di dare una mano di WITE GLOSS GUMM FONDO e 2 mani di wite gloss gumm liquido finitura

resa prodotto: 500 gr./mq.
Base: polimero ibrido
Aspetto: autolivellante
Sistema di polimerizzazione: igroindurente
Fuori polvere: ( 25*c 45% u.r.) : 65 min.
Durezza ( din 53505-A-87) : 95 shore A
Velocita' di reticolazione ( 20*c 45% U.R.) : mm1.5/24h , pedonabile dopo 72 ore
spessore consigliato : tetti piani mm1.3/mm1.6
                                   altre situazioni mm1/mm1.3
consumo :500/600gr/mq
calo volumetrico : inferiore al 2%
peso specifico : 1.35
resistenza alla temperatura : -40* + 110*
allungamento a rottura ( iso37 ) : 90%
resistenza allo strappo (iso 37 ) : 7.5 N/mmq
resistenza alla rottura ( iso 37 ) : 5 N/mmq
 stabilita' uv ( QUV_B ) : >12000h

per:
condizioni utilizzo, requisiti superficie, utensili utilizzo, pulizia utensili, macchie e residui, misure di sicurezza, vedere wite gloss gum fondo

wite-gloss-gum la guaina liquida a protezione tetti del camper

wite gloss gum,
e' suddiviso in 2 componenti : LIQUIDO FONDO e LIQUIDO FINITURA. Si tratta di una guaina liquida impermeabilizzante di ultima generazione, monocomponente, pronta all'uso,inodore, a base di polimerici ibridi con elevata elasticita' ( circa 400%) applicabile su molteplici supporti, anche umidi. Essa crea una barriera protettiva contro l'acqua sia in interno che in esterno. Non necessita di primer a condizione che il supporto sia compatto, altrimenti consolidare il supporto con prodotti specifici.
Durante L'applicazione in esterno NON E' NECESSARIO proteggere il prodotto dall'acqua per la sua asciugatura.
per una maggior durata del prodotto, ( si calcola 30 anni ) e' consigliabile applicare una mano di wite gloss gum fondo e 2 mani di wite gloss finitura, se non rispettati questi cicli, la durata del prodotto puo' essere inferiore.

PUO' ESSERE APPLICATO SUI SEGUENTI MATERIALI:
METALLI
LAMIERE
VETRORESINA
POLISTIROLO
GUAINE BITUMINOSE
LEGNO
ALCUNI TIPI DI PLASTICA


CAMPI DI IMPIEGO
impermeabilizzazioni di bagni e piatti doccia, canalizzazioni, coperture piane e inclinate, protezione particolari in legno, tetti camper in alluminio e vetroresina.
Wite gloss gum FONDO non e' indicato se esposto ai raggi UV, se invece si vuole una elevata resistenza ai raggi UV, deve essere trattato con Wite gloss gum FINITURA .
Ha scarsa calpestabilita'
Tempo di stesura tra una applicazione e l'altra circa 4 ore
Asciugatura  DOPO 48 ORE A 20 gradi circa

RESA PRODOTTO 
kg.1-1.5 al mq.

COLORI: Bianco

CONFEZIONI: barattoli da 1 kg. latte da kg.5 latte da kg.10

Stoccaggio: confezione ben chiusa, conservato in luogo fresco e asciutto con temperature comprese tra +5* c  e +25* c , ha una durata di 18 mesi.

caratteristiche tecniche:
base: polimero ibrido
aspetto : autolivellante
polimerizzazione: igroindurente
fuori polvere: (20*c 45% u.r.) : 35 minuti
durezza ( din 53505-a-87 ): 32/35 shore A
velocita' reticolazione ( 20*c 45% u.r. ) : 3 mm/24h
spessore consigliato ( impermeabilizzare tetti piani ) mm1.5/mm2-00 
                                  impermeabilizzazione generale: mm1.00/mm1.5
consumo: 1000-1500 gr/mq.
calo volumetrico: inferiore al 2% 
peso specifico: 1.48-1.50
resistenza alla temperatura:  da -40* a + 90* 
allungamento alla rottura: 400%
resistenza allo strappo ( iso 37 ): 6N/mmq
resistenza alla rottura ( iso 37 ) : 1.2N/mmq 

condizioni di utilizzo
utilizzare ad una temperatura compresa tra +5*c e + 50*c.
per una ottima prestazione del prodotto si consiglia di utilizzarlo attorno ad una temperatura di 20*c. si consigli di far indurire il prodotto prima di verniciarlo,inoltre si consiglia di usare vernici a base di acqua. verificarne la idonea compatibilita' prima di procedere.
Requisiti della superficie:
la superficie deve essere asciutta esente da polveri,olii, distaccanti,grassi, una volta pulita la superficie non attendere piu' di 20minuti prima di effettuarne la posa del prodotto.
Utensili di utilizzo: Pennello e Rullo
Pulizia utensili: con acqua ragia
Macchie e residui: rimuovere le parti non reticolate con ragie minerali, le parti orama indurite possono essere rimosse solo meccanicamente-

MISURE DI SICUREZZA:
evitare il contatto con la pelle e le mucose, usare guanti onde evitare irritazioni, specialmente in soggetti predisposti.
nel caso di contatto con gli occhi, risciacquare abbondantemente con acqua e consultare un medico. non disperdere nell'ambiente i contenotori vuoti. 


sabato 17 febbraio 2018

Cargo-stop idee e indicazioni

È un modo nuovo di viaggiare. Non è la crociera, che pure negli ultimi anni ha visto un forte incremento nelle scelte dei viaggiatori, o meglio, non è la solita crociera fatta di confusione a bordo, animazione, balli, serate con spettacolo, svaghi di vario tipo, pranzi e cene luculliane.
È un modo di muoversi affascinante e che ha sempre colpito l’immaginazione dei viaggiatori più avventurosi, e degli appassionati dei romanzi ambientati in mare. È un modo di tornare indietro nel tempo o di vivere il mare in maniera diversa assecondando il ritmo lento della navigazione, ascoltando il rumore delle onde e non quello di chiassosi animatori, respirando il profumo del mare, fiutando l’avvicinarsi di una tempesta, liberando i pensieri nel vento.
Un viaggio che non può non rimandare ai grandi classici della letteratura: Louis Stevenson, Joseph Conrad, Herman Meliville, Jack Londono, al contemporaneo, Alvaro Mutis che hanno reso protagoniste dei loro romanzi grandi navi mercantili. Il viaggio a bordo delle navi cargo si sta diffondendo sempre di più. Esploso in Germania, Inghilterra, Francia e Stati Uniti negli anni ’90 da qualche tempo sta cominciando a raccogliere simpatie anche tra gli italiani.
Sfatato il mito del vecchio cargo arrugginito e malandato il viaggio a bordo delle moderne navi mercantili è ideale per chi, avendo parecchio tempo a disposizione, vuole compiere un percorso interiore o, semplicemente, per chi è alla ricerca di relax, isolamento e buone letture. Sulle navi mercantili i tempi di navigazione sono lunghi (possono durare anche tre mesi) e spesso, a bordo, si può essere in compagnia esclusivamente dell’equipaggio, composto in genere da una ventina di persone, oltre al capitano del mercantile.
A bordo di un cargo il soggetto più importante è la merce e non il passeggero, c’è dunque da mettere in conto il doversi adattare alle variazioni di orario o di rotta e adeguarsi ai ritmi dell’equipaggio per quanto riguarda i pasti. Tuttavia i moderni cargo accolgono i passeggeri in condizioni meno spartane, addirittura in alloggiamenti che possono essere considerati di lusso con molto spazio nelle cabine e bagno privato.
Le cabine possono essere interne, esterne, a letti sovrapposti o matrimoniali e a volte, anche suite! I passeggeri devono provvedere di persona alla pulizia della propria cabina e al bucato, per il resto non è loro richiesto lo svolgimento di mansioni legate alle attività della nave mercantile. I prezzi sono proporzionali al tipo di comfort offerto; in linea di massima una settimana a bordo di un cargo in Europa costa intorno a 700 euro (sarà comunque opportuno controllare i dettagli nei siti delle compagnie di navigazione).
I passeggeri hanno diritto a tre pasti al giorno durante gli stessi orari dell’equipaggio e hanno accesso a tutti i locali del cargo tra i quali si trova spesso una palestra, una piscina, una sauna, la biblioteca, una sala video, la lavanderia. A bordo si parla prevalentemente inglese. Le rotte e le proposte delle compagnie di navigazione sono moltissime.
Per quanto riguarda le modalità di imbarco e di sbarco si può decidere di rimanere a bordo fino alla destinazione finale oppure scendere a uno dei porti intermedi e aspettare il cargo successivo per un’altra destinazione. La durata del viaggio dipende dalla rotta ma bisogna tenere presente che il viaggio può durare di più del previsto per le condizioni climatiche avverse o per ritardi nelle operazioni di scarico e carico merci.
Per quanto riguarda la cucina i passeggeri mangiano quello che mangia l’equipaggio. Il menù è stabilito di volta in volta dal cuoco di bordo. In genere pasti sono semplici e nutrienti. I passeggeri siedono alla tavola del comandante e quella è l’occasione per scambiar quattro chiacchere e farsi raccontare la vita a bordo di una nave mercantile o i viaggi compiuti dal bastimento.
Prima di partire è necessario farsi rilasciare un certificato di buona salute e fare le opportune vaccinazioni in caso di viaggi in alcuni paesi dell’Asia e dell’Africa. Per i viaggi in Sud America e in Africa Occidentale è obbligatoria la vaccinazione contro la febbre gialla.
Veniamo ai prezzi in dettaglio.
Questi ultimi dipendono sia dalla compagnia di navigazione che dalla durata e dall’itinerario.
Sebbene i viaggi in cargo siano in media meno confortevoli di un viaggio su una nave da crociera tuttavia i prezzi non sono così abbordabili come si sarebbe portati a pensare.
Alle tariffe si deve inoltre aggiungere il volo per raggiungere il porto di partenza. La durata di permanenza nei porti è in funzione del tempo necessario per il carico o lo scarico delle merci. I collegamenti sono a frequenza regolare e, in alcune compagnie, c’è anche la possibilità di imbarcarsi accompagnati dal proprio veicolo (macchina, camper, caravan, motocicletta, bicicletta).
Il gruppo italiano Grimaldi, fondato nel 1945, oggi leader nel settore dei trasporti marittimi, effettua diversi itinerari su navi cargo ai quali è possibile partecipare da passeggeri.
La tratta EUROMED tocca, tra gli scali principali: Salerno, Ashdod, Setubal, Bristol, Cork, Southampton, Alessandria. La Tratta ADRIATIC SEA, da Monfalcone a Kooper fa scalo al Pireo, Alessandria, Izmir, Ravenna. L’EURO AEGEAN va da Salerno a Yenikoy attraccando, tra gli altri, nei porti di Valencia, Southampton, Amburgo, Bristol, Casablanca, Livorno, Civitavecchia, Beirut. La Tratta SOUTH AMERICA fa scalo a Emden, Amburgo, Le Havre, Bilbao, Rio de Janeiro, Buenos Aires. Il Gruppo Grimaldi offre viaggi in cargo anche per la tratta WEST AFRICA CENTRALattraverso Amburgo, Antwerp, Dakal, Lagos, Abidjan.
Per le tariffe, la durata della navigazione, le date e i dettagli sulle tratte si può andare al sito www.grimaldi-freightercruises.com.
Aranui è un gruppo francese con navi cargo e passeggeri specializzato nelle isole della Polinesia Francese: Tahiti e le Isole Marchesi. Le navi possono ospitare fino a duecento passeggeri in confortevoli cabine dotate di aria condizionata. Per informazioni vedete il sito www.aranui.com
Il Gruppo Freighters Cruisers di Amburgo è specializzato nei trasporti su navi cargo sia per tratte brevi che per tratte lunghe. Tra le destinazioni ci sono i fiordi norvegesi, l’Inghilterra, la Scozia, le Isole Canarie, il Madagascar, il Mozambico, il Sud Africa, l’Argentina, il Brasile, l’Australia e New York. Informazioni su: www.hamburgsued-frachtschiffreisen.de.  
La Francese Mere et Voyages opera dal 1994 toccando varie destinazioni, Italia, Grecia, Slovenia, Marsiglia, Amsterdam, New york, Montréal, Emirati Arabi, Singapore, Hong Kong, Shanghad, Cina, Malesia, Africa del Sud, Antille francesi, Oceania. Effettua anche un Tour del Mondo di 96 o 126 giorni per tariffe, a persona, di circa 9000 euro. Info su: www.mer-et-voyages.info.

martedì 6 febbraio 2018

Sapere di più sulle batterie

Glossario batterie

Absorbent Glass Mat (AGM)Strato di microfibra di vetro utilizzato per filtrare l’acido solforico nelle batterie al piombo. La caratteristica distintiva di una batteria AGM.

Accettazione di carica
La quantità di corrente in ampere-ora che una batteria con un determinato livello di carica riesce ad accettare a una temperatura e una tensione di carica specifiche in un tempo definito.

Amperaggio di avviamento a freddo
Numero di ampere che una batteria piombo-acido può erogare a -17,8°C per 30 secondi, mantenendo una tensione di almeno 1,2 volt per cella.

Ampere (A)
L’unità di misura del flusso di elettroni, o corrente, attraverso un circuito. Ampere-ora (Ah) – Unità di misura della capacità di immagazzinamento di energia di una batteria, ottenuta moltiplicando la corrente in ampere per il tempo di scarica in ore (esempio: una batteria che eroga 5 ampere per 20 ore = 100 Ah di capacità).

Capacità
La capacità di una batteria a piena carica di erogare una specifica quantità di elettricità (Ah) a un determinato amperaggio (A) in un lasso di tempo definito (h).

Cella
L’elemento di base che produce corrente elettrochimica in una batteria, costituito da piastre positive, piastre negative, elettrolito, separatori e scatola. Una batteria piombo-acido da 12 volt è composta da 6 celle.

Ciclo
In una batteria, una scarica più una ricarica equivalgono a un ciclo.

Circuito
Il percorso seguito da un flusso di elettroni. Il circuito chiuso è un percorso completo, mentre il circuito aperto è un percorso interrotto che non consente il passaggio di corrente.

Corrente
La velocità del flusso di elettricità, cioè il movimento degli elettroni lungo un conduttore. L’unità di misura della corrente è l’ampere (A).

Corrosione
La reazione chimica distruttiva tra un elettrolito liquido e un materiale reattivo; ad esempio, l’acido solforico diluito sul ferro dà luogo a prodotti della corrosione come la ruggine.

Cortocircuito
Un collegamento a bassa resistenza, in genere non voluto, in un cavo o un dispositivo elettrico, che consente il passaggio di corrente dai valori molto elevati. In una batteria, il cortocircuito di una cella può durare abbastanza a lungo da scaricare la cella e rendere la batteria inutilizzabile.

Massa attiva
Nelle piastre positive la massa attiva è costituita da biossido di piombo, nelle piastre negative da piombo metallico spugnoso. Quando si crea un circuito elettrico, durante la carica e la scarica questi materiali reagiscono con l’acido solforico, secondo la seguente formula chimica: PbO2 + Pb + 2H2SO4 = 2PbSO4 + 2H2O

Elettrolito
In una batteria piombo-acido, l’elettrolito è acido solforico diluito con acqua. È un conduttore che fornisce acqua e solfato per la reazione elettrochimica: PbO2 + Pb + 2H2SO4 = 2PbSO4 + 2H20

Livello di carica/Condizioni della batteria
La quantità di energia elettrica immagazzinata in una batteria in un determinato momento, espressa come percentuale dell’energia contenuta nella batteria a piena carica.

Massa/terra
Il potenziale di riferimento di un circuito. Per le automobili si parla di “collegamento/messa a massa/terra” quando si collega il cavo batteria alla carrozzeria del veicolo per utilizzare quest’ultima come percorso per chiudere il circuito, invece di usare un cavetto diretto da un componente. Oggi in oltre il 99% delle applicazioni nel settore automobilistico è il polo negativo della batteria a fungere da massa.

Ohm
Unità di misura della resistenza elettrica o impedenza in un circuito elettrico.

Piastra – Negativa
Un elemento di metallo fuso contenente massa attiva (piombo spugnoso).

Piastra – Positiva
Un elemento di metallo fuso contenente massa attiva (biossido di piombo).

Riserva di capacità (RC)
Il numero di minuti per cui una batteria nuova, completamente carica, può erogare 25 ampere a 26,7°C e mantenere una tensione ai poli uguale o superiore a 1,75 volt per cella. Questo valore indica per quanto tempo la batteria può continuare ad alimentare gli accessori essenziali se l’alternatore o il generatore del veicolo smettono di funzionare.

Scarica profonda
Stato in cui una cella viene scaricata completamente prelevando una corrente bassa, e la tensione scende sotto la tensione finale di scarica.

Separatore
Elemento divisorio che si interpone tra le piastre positive e quelle negative di una cella e che consente il passaggio di corrente attraverso di essa.

Stratificazione dell’acido
Quando si carica una cella piombo-acido, nelle piastre si produce acido ad alta densità. Questo acido pesante, in virtù della forza di gravità, scende nella parte inferiore della cella, mentre l’acido di minore densità sale verso l’alto. La stratificazione dell’acido può causare perdita di capacità e/o guasti alla batteria.
Tensione di scarica finaleIndica il livello di voltaggio ammissibile più basso di una batteria o una cella. Al di sotto di questo voltaggio (scarica profonda) la cella elettrochimica si può compromettere o (tramite inversione del polo) distruggere nel caso di vari tipi di batterie (ad esempio piombo, Ni / Cd, NiMH).

VRLA
Una batteria VRLA (Valve Regulated Lead Acid) è una batteria sigillata a manutenzione zero.

Watt
Unità di misura della potenza elettrica, cioè il lavoro compiuto nell’unità di tempo dalle cariche elettriche durante lo spostamento tra due punti di un conduttore a diverso potenziale. La potenza elettrica è data dal prodotto della tensione per l’intensità di corrente: Watt = Ampere x Volt

Volt
Unità di misura del potenziale elettrico.

                                                          BATTERIA SCARICA
Se la batteria non avvia la vostra auto vuol dire che è scarica. Una batteria che si è semplicemente scaricata – perché i fari sono rimasti accesi o l’alternatore si è guastato – si può ricaricare e riportare alla sua piena capacità. Ma se una batteria è giunta alla fine della sua vita, non si può più ricaricare abbastanza da riportarla a un livello di potenza utilizzabile. In quel caso è esausta e va sostituita.

Se la batteria è scarica e non esausta, si può avviare collegandola con gli appositi cavi a una batteria carica. Circa 30 minuti di marcia dovrebbero consentire all’alternatore di ricaricare completamente la batteria. Ma se l’alternatore o un altro componente del sistema elettrico è danneggiato, la batteria non si ricaricherà e neanche un elettrauto sarà in grado di farlo. Quindi, se la vostra batteria continua a scaricarsi, fate controllare il sistema elettrico prima di sostituirla, perché il problema potrebbe risiedere qui e non nella batteria. Se nel sistema c’è un componente difettoso, prosciugherà anche la batteria nuova, e voi continuerete a rimanere a piedi.

                                            COME FUNZIONA UNA BATTERIA
batteria accumula elettricità per un utilizzo futuro. La tensione sviluppata dalla batteria è dovuta alla reazione chimica prodotta dall’immersione di due materiali diversi, come le piastre positive e negative, nell’elettrolito, una soluzione di acido solforico e acqua. In una tipica batteria piombo-acido, la tensione è approssimativamente di 2 volt per cella, per un totale di 12 volt. La batteria eroga elettricità non appena si crea un circuito tra il polo positivo e quello negativo; questo si verifica quando un carico che necessita di elettricità, ad esempio la radio, viene collegato alla batteria.

La maggior parte delle persone non sa che una batteria piombo-acido funziona in un costante processo di carica e scarica. Quando una batteria viene collegata a un carico che necessita di elettricità, come il motorino di avviamento della vostra auto, la corrente inizia a fluire dalla batteria che comincia così a scaricarsi.

Nel processo inverso, la batteria si ricarica quando la corrente rifluisce al suo interno, ripristinando la differenza chimica tra le piastre. Questo accade quando guidate senza accessori e l’alternatore alimenta la batteria.

Man mano che la batteria si scarica, le piastre di piombo diventano chimicamente più simili, l’acido si indebolisce e la tensione diminuisce. Alla fine la batteria è talmente scarica da non poter più erogare elettricità a una tensione utile.

Si può ricaricare una batteria scarica alimentandola con la corrente. Una carica completa ripristina la differenza chimica tra le piastre e rimette la batteria in grado di erogare tutta la sua energia.

Il peculiare processo di scarica e carica delle batterie piombo-acido fa sì che l’energia si possa scaricare e ripristinare in continuazione. Una batteria che può sopportare un elevato numero di cicli di carica e scarica si dice “resistente al ciclaggio”